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COSA FANNO LE PERSONE CHE HANNO PAURA DI GUIDARE?

PAURA DI GUIDARE - 26/07/2020

La velocità non è pericolosa. Più forte vai, prima raggiungi il punto in cui sei finalmente al sicuro.


Spesso le persone mettono in atto “soluzioni" che se usate in casi isolati possono essere un buon “antidoto” per affrontare il problema ma che spesso non funzionano (tecnicamente si parla di “tentate soluzioni disfunzionali”), anzi, peggiorano la situazione. Nel momento in cui vengono reiterate, rischiano di rafforzare il problema andando a cronicizzarlo.

In caso di fobia, la tentata soluzione principale, adottata dalla persona per risolvere il problema, ma che in realtà lo fa peggiorare ulteriormente, è quella dell’evitamento.

L’evitamento, se da un lato fornisce un’illusoria quanto precaria sensazione di sicurezza, dall’altro restringe sensibilmente gli spazi di autonomia e le aree di vita libere dal problema, connotando peraltro un sempre maggior numero di contesti come potenzialmente pericolosi.

In alcuni casi, infatti, al posto dell’evitamento, l’attenzione si focalizza sul mettere in atto specifici comportamenti precauzionali per evitare la situazione o la reazione di panico temuta. Ad esempio la persona affronta le situazioni ansiogene quando c’è molta gente, in modo da poter chiedere aiuto; percorre strade più sicure, anche se più lunghe; studia il percorso e tutti gli eventuali ostacoli (cavalcavia, curve, gallerie, lavori in corso, etc.); prende farmaci prima di guidare. le precauzioni, se da una parte aiutano la persona ad affrontare la situazione ansiogena, dall’altra finiscono per diventare un “salvagente” di cui non se ne può più far a meno. Il problema, in questi casi, si crea quando la persona non riesce a mettere in atto le precauzioni, per motivazioni esterne. 

Abbiamo poi I tentativi di controllo del pensiero che vertono sullo sforzo di non pensare ai possibili pericoli, al cercare di mantenere volontariamente un atteggiamento positivo e ottimista oppure a cerca di autoconvincersi che “tutto andrà bene” e che “non c’è motivo di preoccuparsi”. Il controllo delle reazioni corporee, invece, si concentra sulla regolazione del respiro, della postura, e del battito cardiaco; entrambe purtroppo costruiscono il paradosso di provocare proprio ciò che la persona sta cercando di reprimere. Pensieri sempre più catastrofici da un lato, e reazioni incontrollate di ansia dall’altro.

Chiude il cerchio la richiesta d’aiuto a familiari, amici o partner per gli spostamenti che non si è più in grado di sostenere. la persona, se proprio deve affrontare, chiede a qualcuno di essere accompagnata o può anche percorrere il pezzo di strada stando al telefono con qualcuno che la rassicura.

Tale processo, punto di partenza di una serie di effetti deleteri sulla famiglia e la coppia, rende tutti i partecipanti complementari al problema, e servi impotenti delle sue richieste. La persona, dal canto suo, assiste ad un sempre maggiore senso di incapacità (io da solo non sono in grado di farcela), con la conseguenza che, nel momento in cui viene a mancare il “salvatore” si rischia di incorrere in stati di forte ansia o panico o se è possibile si evita.

A queste soluzioni possiamo aggiungere poi il contorno di sublimi capacità di autoinganno di cui siamo capaci. Dalle spinte ecologiste al “ma tanto l’auto non mi serve”, fino alla scusa del “sono tornato ad apprezzare i viaggi in treno/autobus/bicicletta.




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