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COME STARE VICINO AD UNA PERSONA CHE SOFFRE DI ANSIA

DISTURBI D' ANSIA - 26/01/2021

"La paura del pericolo è […] diecimila volte più agghiacciante del pericolo stesso: il peso dell'ansia ci pare più greve del male temuto"

I familiari o gli amici che vorrebbero essere d’aiuto hanno generalmente molti dubbi su come comportarsi, cosa dire o non dire, cosa fare o non fare.

È importante fare una piccola considerazione iniziale: chi ha l’ansia non lo fa per dispetto, per pigrizia, per mancanza di voglia, teme veramente che potrebbe morire o impazzire, che potrebbe soccombere sotto il peso delle sensazioni che lo assalgono durante un attacco di panico, che il suo cuore potrebbe non reggere allo stress. 

È fondamentale quindi: 

Evitare di usare la sua paura come colpevolizzazione (“non sei ancora laureato per colpa dell’ansia”, oppure “non guidi perché hai l’ansia” oppure “non hai più una vita normale perché hai l’ansia”). Questo atteggiamento ingabbia la persona nel ruolo di vittima della problematica. 

Evitare frasi killer, tipo «ma dai che non è nulla» «rilassati» “stai tranquillo” «smettila, stai esagerando” “è tutto nella tua mente” “perché ci pensi così tanto?” “perché non prendi qualcosa per rilassarti?”. Queste frasi possono essere sostituite con: “sono qui per te” “so che è complicato” “non ti lascerò solo” “ti aiuterò a superarlo” “non posso immaginare quanto sia difficile per te” “non ti giudico”

Smettere di chiedere alla persona “Ti va di parlarne? Ti ascolto!”.  È un errore perché è come buttare uno speciale fertilizzante sulla pianta della paura; parlandone, infatti, non si fa altro che accrescere il problema. La persona ansiosa sente il bisogno di parlarne e quindi è importante fornire alla persona uno spazio e un tempo prefissati dove concentrare le proprie lamentazioni, mentre gli altri la ascoltano in religioso silenzio (tecnica del pulpito serale). Durante il resto della giornata però l’indicazione principale è la congiura del silenzio, ovvero non parlare affatto del problema.

Evitare la rassicurazione estrema del tipo “andrà tutto bene” , sostituirsi alla persona nelle varie attività oppure continuare a chiedere come va e osservarla continuamente, oppure imbottirla di farmaci o portarla continuamente al pronto soccorso o dal medico

Aiutare la persona durante un attacco di panico. Il supporto, solitamente, deve essere una presenza attenta ma non invadente, mentre deve essere più deciso ed energico nel caso degli attacchi di panico. In questo caso è importante riconoscere e valutare la situazione, mettere la persona “al sicuro” , cercando di capire che cosa sta succedendo e osservandone i sintomi. Nel caso degli attacchi di panico, infatti, ci saranno delle manifestazioni fisiologiche come tachicardia, sudorazione, affanno, sensazione di soffocamento che la persona vivrà come estremamente fastidiose. In questo momento chi è vicino alla persona che sta male può chiedere: “Quali sensazioni sta provando?” “A che cosa stai pensando? “Da 1 a 10, quanto sono intense queste sensazioni? Queste domande servono per valutare lo stato di salute della persona ed eventualmente servono per comunicare al 112 le condizioni della persona stessa. Durante l’attacco di panico è inutile dire alla persona di respirare lentamente, perché la persona è quasi sicuramente in iperventilazione. È importante invitare la persona a compiere azioni che la facciano distratte dalle sensazioni che prova, quindi si può fare insieme una piccola passeggiata; se si è in casa si può tenere occupata la persona in azioni impegnative, come fare le pulizie oppure se non si è a casa, suggerire un’attività che possa aiutarla a concentrarsi (ad es. sollevare e abbassare le braccia) oppure accarezzare un animale domestico. È utile aiutare la persona a rendersi conto che sta avendo un attacco di panico dicendole: “Stai avendo un attacco di panico, hai molta paura e durerà qualche minuto”. “L’ansia non uccide” E anche: “Va bene avere paura”.

Per rassicurarla e farle sentire la vostra presenza può anche essere utile prenderle la mano, se questo non la fa sentire in imbarazzo. La cosa più importante è non lasciare la persona da sola e aspettare insieme che passi.

Incoraggiare la persona a chiedere aiuto: Soprattutto quando la qualità della vita o il funzionamento risulta significativamente compromesso. Ci si può offrire di aiutare a trovare il professionista adeguato al problema presentato e di accompagnare la persona che soffre ad un primo colloquio, se concordato.

Mostrarsi di supporto: nel caso in cui la persona che soffre di un disturbo ansioso abbia iniziato un percorso psicoterapico, è necessario sostenerlo anche al di fuori dell’orario di colloquio. Sarà importante rinforzare ogni piccolo passo ed i traguardi raggiunti anche quando i miglioramenti possano apparire minimi. Inoltre può essere utile sostenere la persona nei momenti in cui si trova ad affrontare periodi più stressanti per prepararsi a piccoli “scivolamenti”, ma senza catastrofizzare o svalutare gli obiettivi già raggiunti. Mantenere un atteggiamento incoraggiante e validante può aiutare a mantenere l’impegno nella terapia.

Mantenere un proprio equilibrio: aiutare chi soffre di un disturbo d’ansia può essere difficile e provocare frustrazione e stress. È importante in primis prendersi cura di sé stessi ed essere consapevoli di quanto aiuto è possibile. Se si scopre di essere troppo esausti o affaticati emotivamente è necessario ridurre o ridimensionare il supporto che si è in grado di offrire. 




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