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INSONNIA PSICOFISIOLOGICA

INSONNIA - 29/10/2019

“Chi soffre d'insonnia ha un'unica ossessione: addormentarsi.” 

Il sonno è un bisogno di base presente in tutti di esseri umani, tra le sue funzioni principali ci sono il ristoro, il piacere e il sonno come depositario del sogno. 

L'insonnia primaria o psicofisiologica è un'alterazione disfunzionale, stabile e reiterata del sonno in termini di: latenza di addormentamento, mantenimento del sonno, risveglio precoce. Produce effetti sia diurni (sonnolenza, difficoltà di concentrazione, calo del tono dell'umore, irritabilità, difficoltà sociali/occupazionali) che notturni (difficoltà di inizio e/o mantenimento del sonno, sonno leggero e non ristorativo). Soffrire di insonnia psicofisiologica significa non solo riposare male durante la notte, ma anche lamentare disagio anche nelle ore di veglia, due condizioni necessarie per porre diagnosi. Significa inoltre essere maggiormente esposti e vulnerabili allo stress quotidiano. Infine significa andare più facilmente incontro a problemi di natura emotiva ed affettiva tipici di altre aree psichiche (forme ansiose, depressive ecc.).

La persona che fa fatica ad addormentarsi generalmente inizia a rigirarsi nel letto, a controllare ripetutamente la sveglia o il cellulare innervosendosi sempre di più per il tempo che passa. Può cominciare a contare le ore che mancano al “risveglio”, disperandosi mentre pensa a come sarà stanca, affaticata ed irritabile il giorno seguente. Può inoltre ripetersi “Devo dormire, devo dormire, devo dormire…”, come se l’addormentamento potesse essere raggiunto attraverso uno sforzo di volontà. Il tentativo di voler provocare volontariamente ciò che può sopravvenire solo in maniera spontanea, rende paradossalmente la persona ancora più sveglia.

Sempre in quest’ottica, chi soffre di insonnia può iniziare a modificare la sua alimentazione, a cambiare l’orario in cui andare a dormire, ad assumere sonniferi, può adottare quindi delle misure che acutizzano il problema.

Quali sono i meccanismi che causano insonnia e la mantengono?

L’insonnia può essere l’effetto di disturbi fisici, essere legata all’assunzione di farmaci o di alcol, essere prodotta da fattori ambientali sfavorevoli o da cambiamenti recenti.

Tra i fattori psicologici che determinano l’insonnia si evidenziano difficoltà emotive-psicologiche, ansia, stress, depressione, la presenza di pensieri persistenti e ossessivi che si installano nella mente, riguardanti per esempio preoccupazioni personali.

Le teorizzazioni psicologiche riguardanti le cause dell’insonnia sono numerose.

Il modello cognitivo sostiene che l’iperattivazione mentale, rappresentata dal rimuginio e dall’eccessiva preoccupazione per il mancato sonno, predispone l’individuo all’insonnia e mantiene le forme croniche del disturbo, come se fosse una vera e propria profezia che si autoadempie (penso che non riuscirò a dormire e non dormo).

Il modello comportamentale invece caratterizza l’insonnia cronica come risultato di abitudini apprese che disturbano il sonno (es fare molti sonnellini diurni o stare nel letto per un tempo prolungato nel tentativo di addormentarsi, il che tende a rendere irregolari i cicli sonno-veglia).

Secondo la teoria cognitiva di Harvey, l’insonnia sarebbe sostenuta da una “cascata” di processi cognitivi presenti sia di notte che di giorno:

1. Gli individui con insonnia soffrono di pensieri intursivi spiacevoli ed eccessiva paura durante il periodo di pre- addormentamento

2. Paure ed eccessive ruminazioni scatenano arousal fisiologico/emotivo.

3. Lo stato ansioso determina un restringimento del focus attentivo che porta a sovra-monitorare stimoli interni (sensazioni fisiche) o esterni (stimoli ambientali) che minacciano il sonno. 

4. Gli individui sovrastimando l’entità del disturbo del sonno (di notte) e del deficit di performance (di giorno) incrementano lo stato di paura iniziale.

5. Gli individui hanno delle credenze erronee sul sonno e comportamenti di compenso che contribuiscono ai processi di mantenimento del problema.

In sintesi durante il giorno o nella fase dell'addormentamento la persona è concentrata sul fatto che molto probabilmente non riuscirà a dormire e che la giornata seguente sarà molto pesante, entrando così in uno stato ansioso che alimenta la paura di non dormire.

Questo tipo di paura è presente nel 50% degli insonni, il 30% invece sono persone che  si addormentano con facilità, ma si svegliano nel mezzo della notte incapace poi di riaddormentarsi. Questi soggetti presentano un costante controllo della realtà mediante il pensiero: la mente appare incapace di smettere di organizzare, controllare, gestire, pianificare.

Si caricano di ansia relativa alla giornata successiva, timorosi di non farcela e non avere le forze sufficienti e possono arrivare ad avere veri e propri attacchi di panico. 

Il restante 20% degli insonni sa perché non dorme, sperimentano pensieri talvolta spaventosi come  la paura della morte, dei ladri, del terremoto, dei fantasmi, dei propri sintomi fisici ecc.. Assistiamo in questi casi a veri tentativi di trasformazione della notte in giorno, in cui i soggetti che ne soffrono cercano di rimandare sempre più il momento di coricarsi, tentando di stordirsi davanti al televisore, notti quindi sul divano, con la luce accesa a giorno e la mattina seguente un corpo indolenzito ed affaticato.

Per approfondimenti:

Il trattamento cognitivo-comportamentale dell'insonnia. Linee guida per la pratica clinica




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