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COSA FANNO LE PERSONE CHE HANNO UN ATTACCO DI PANICO?

DISTURBI D' ANSIA - 11/10/2020

Sono stata presa dal panico. Qualcuno paghi il riscatto.

Quando  il cuore batte all'impazzata, il respiro diviene affannoso e la mente corre veloce si va alla ricerca di una soluzione a quelle sensazioni che non si sa spiegare. La necessità di aiuto e di protezione, così come il tentativo di fuggire da quella situazione che si desidera solo che cessi, impediscono qualsiasi intento di riuscire a controllare se stessi e le proprie reazioni. Poi, all'improvviso, tutto finisce, lasciando la stessa sensazione di devastazione prodotta da uno tsunami, in questo caso psicologico.Quando la situazione di pericolo è venuta meno, la persona è esanime, il corpo e la mente sono stanchi: la tempesta psicologica è passata.Fino alla prossima volta.

Di fronte a tutto ciò, i nostri comportamenti si modificano, le nostre abitudini cambiano, il disturbo ci domina e ci limita, allontanandoci dagli altri, dal mondo, dalla vita, oppure lasciandoci addosso un costante velo di preoccupazione e inquietudine.

A volte ricorriamo a specialisti medici per timore di avere una grave malattia. Spesso gli psicofarmaci diventano la nostra stampella, la pillola della felicità, benché se pur riducono la presenza di attacchi, la paura resta.

Se da una parte è abbastanza scontato spaventarsi in seguito alla perdita di controllo del proprio corpo e della mente, dall'altra stupisce come la grande conoscenza in ambito scientifico del funzionamento della mente e del corpo non basti a liberare la persona dal meccanismo paradossale della paura che genera se stessa.

Generalmente chi ha sperimentato un attacco di panico vive con una tensione continua, come se avesse un "radar sempre acceso" pronto a captare il pur minimo segnale che una nuova crisi è in arrivo. 

Analizzando le reazioni più usuali a una percezione di intensa paura, si osservano infatti alcune costanti ridondanze nelle diverse persone e situazioni:

a) Il tentativo di evitare o rifuggire ciò che spaventa, che fa sentire sempre meno capaci di fronteggiare quel mostro che assume delle proporzioni sempre più gigantesche nella mente di chi ha paura. Questa precauzione, tuttavia, diventa una soluzione controproducente, perché nel tempo può portare ad un risultato indesiderato: una generalizzazione dell'ansia, la quale inizia a farsi sentire anche in altri luoghi/situazioni, che non hanno niente in comune con il primo attacco di panico subito.

b) la ricerca di aiuto e protezione, che lì per lì fa sentire salvi, ma poi, se anche riusciamo, sarà solo un tampone che avrà effetto fino alla prossima volta.  Questo in quanto si realizza una sorta di delega all'altro nell'affrontare la paura che, essendo una percezione individuale, può essere esorcizzata solo e soltanto da chi la sente. In alcuni casi questo bisogno diventa sempre più forte, fino a non poter più uscire di casa senza farsi accompagnare, o, nei casi più gravi, non riuscire a star da soli neanche dentro casa. Gli attacchi di panico, dunque, fanno crescere esponenzialmente in chi ne soffre una sfiducia nelle proprie capacità, sfiducia che diventa sempre più profonda man mano che si evitano le situazioni ansiogene, o si chiede aiuto agli altri.

c) il tentativo fallimentare di tenere sotto controllo le proprie reazioni fisiologiche (cercando cioè di calmarsi, di respirare piano...), che fa paradossalmente perdere il controllo, per cui ci si agita ancora di più.

È bene ricordarsi che, al di sotto di una certa soglia la paura è funzionale all’essere umano. Al pari di un campanello di allarme, segnala alla persona la pericolosità di una determinata situazione, dandole così modo di mettersi in sicurezza. Quando supera la suddetta soglia, però, diventa patologica.

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